Verrebbe da dire, visti gli anni passati dalla prima gara, “è il fondo bellezza”.
Che in fondo, con un semplice gioco di parole, ha circa venti anni dalla prima gara, o giù di lì, era proprio dalle parti del Giappone la prima mondiale. Una sorta, allora, di circuito per iniziati, una sorta di tribù che amava spazi e distanze libere, purché fossero oltre i confini geografici della corsia di una piscina.
Ma quanta acqua è passata, lo sa solo in fondo.
Che si è modificato, quasi nella struttura poco wild iniziale, come direbbero quelli bravi a raccontare le fasi epiche e , appunto, selvagge. Onde , cavalloni al caso, e correntoni caldo freschi. Quelli sono rimasti, protetti dalla corazza costumistica dei nostri eroi. Che adesso sono sempre più superveloci nuotatori anche da emisfero libero. Ma super pro, mutuati quasi geneticamente dalla piscina.
Ecco la gara della dieci chilometri di questa notte (locale per noi) ha questa caratteristica: il cambiamento di passo con il teutonico Wellbrock e poi Rasovszky e Klemet a correre (quasi sulle acque) per stabilire l’impero del fondo. E i nostri azzurri , il duo PaltriAce, al secolo Acerenza e Paltrinieri in ordine d’arrivo , quarti e quinti.
In sofferenza di fronte a questo fondo che allunga, in una bagarre acquatica che vista dal drone sembra la scia di un motoscafo. Appunto , il motoscafo in cui si è trasformato il nuovo nuotatore fondistico, fortissimo dalla piscina al “piscinone” esteso.
Per i nostri la sofferenza di vedere “quelli” in fuga e niente pass per l’olimpiade parigina. Un turbine di pensieri e emozioni che illudono e poi riportano in acqua, con il salato che ti lascia amaro in bocca.
Per il momento, occorre rielaborare concetti e studiare strategie. Ammesso che nel fondo non sia più solo una questione di tattica e ragionamento ma di pura e vera velocità unita a una straordinaria resistenza..
Buona acqua a tutti
zicche@swimbiz.it