La Cina, la Wada ed i dubbi sul nuoto “ematicamente modificato” a Tokyo 2021.

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Nella stagione che porta lo sport mondiale verso le Olimpiadi estive in terra di Francia scoppia l'ennesima - purtroppo - bolla mediatica sull'utilizzo del doping nel nuoto.

Grazie all'inchiesta condotta in parallelo dalla televisione pubblica tedesca 'ARD' e dai quotidiani statunitensi 'Guardian' e 'New York Times' è venuta a galla a distanza di tre anni che ad inizio 2021 l'agenzia antidoping cinese Chinada aveva segnalato che ben 23 atleti facenti parte della Nazionale del paese asiatico erano stati attenzionati in quanto risultati positivi ad un controllo per aver assunto un farmaco "proibito", la trimetazidina, principio attivo vietato dal 2014 in quanto migliora la circolazione sanguigna e di conseguenza le prestazioni atletiche; una sostanza che a fine 2021 fu trovata presente nelle analisi della pattinatrice russa Kamila Valieva che venne sospesa per quattro anni.

Di questi 23 nuotatori indagati furono in 13 a partecipare alle Olimpiadi di Tokyo 2020, posticipate al 2021 grazie alla ben nota vicenda dell'epidemia del Covid-19 e di questi molti ottennero medaglie  come Zhang Yufei, che ne vinse quattro  di cui due d'oro, indagine che portò ad un nulla di fatto, difatti Chinada concluse che  tutto il gruppo trovato positivo al farmaco erano stati "vittime" di una contaminazione alimentare ma non impedendo nel frattempo agli stessi atleti di continuare ad allenarsi ed a competere nell'arco di tempo tra la positività e la fine delle indagini

Ovviamente della vicenda fu informata l'agenzia mondiale antidoping, la Wada,  che, si scopre ora, accettò le conclusioni cinesi senza indagare ulteriormente visto che all'epoca erano presenti le restrizioni dovute al Covid che non permisero agli ispettori di recarsi sul posto, prendendo per buone la documentazione presentata utilizzando consultati esperti indipendenti per verificare l'ipotesi di contaminazione avanzata da Chinada. La Wada chiuse il caso affermando che "non era in grado di confutare la possibilità di contaminazione come fonte di trimetazidina" e quindi non potè che asserire che non ci fu nessun caso di negligenza o colpa degli atleti coinvolti, ma alla luce di queste tardive rilevazioni l'agenzia antidoping americana - Usada - con a capo  Travis Tygart, lancia una forte accusa sia a Wada che a Chinada di aver "finora nascosto questi casi positivi sotto il tappeto non rispettando equamente le regole internazionali che si applicano al resto del mondo". Tra l'altro la trimetazidina è in vendita solo in forma di pillole e quindi appare alquanto strano che queste siamo state inserite accidentalmente all'interno del cibo assunto dai nuotatori in un ristorante dell'albergo che li ospitava durante un meeting a Shijiazhuang.

Eclatante anche la presenza di un nome che nel corso di questa ultima stagione è stato grande protagonista, il ranista Qin Haiyang decretato come 'World Aquatics Swimmer of the Year' dalla ex Fina e le reazioni dell'amministratore delegato di USADA, l'agenzia anti-doping degli Stati Uniti, Travis Tygart,  non si sono fatte attendere e sopratutto molto piccate, in quanto  ha parlato di "rivelazioni scioccanti" e di un "coltello affilato nella schiena di atleti puliti", aggiungendo che il tutto "puzza di un insabbiamento ai massimi livelli dell'Agenzia mondiale antidoping".
Concetto ribadito a gran voce anche dall'ex direttore generale della WADA, David Howman : “Vuoi che il pubblico abbia fiducia nel tuo ente regolatore. Se perdi quella fiducia, la reputazione dell’ente regolatore inizia a sgretolarsi. E se ciò dovesse accadere, sarebbe una tragedia per la WADA”.

In tutta questa brutta, bruttissima storia si unisce lo sdegno di chi, a quella Olimpiade, ha partecipato da atleta "pulito" e grazie, o meglio, per colpa di chi non non è stato corretto, ha perso l'opportunità di vivere la magia olimpica salendo su un podio a questo punto meritatissimo, infatti sulla sua pagina Instagram la pugliese Elena Di Liddo, che a Tokyo con la staffetta mista mista sfiorò il sogno del podio e della medaglia di bronzo assieme a Federica Pellegrini,  Thomas Ceccon e Nicolò Martinenghi, in quanto 3/4 dei componenti dell'argento cinese in quella gara erano nell'elenco dei 23 indagati per doping.

Elena non chiede che la medaglia le venga restituita, ma si sdegna a giusta ragione che, un comportamento non lecito, ha negato di vivere e realizzare il legittimo desiderio di chi fin da piccola sogna si essere nell'olimpo sportivo, partecipare e vincere una medaglia alle Olimpiadi e lo esprime in maniera netta e molto intelligente :

"Non mi sento di esprimere un parere sulla vicenda, da atleta pulita e fiduciosa nel buon funzionamento del sistema, resto a guardare sperando che qualcuno faccia chiarezza sulla vicenda. Oggi, dopo tanti giorni che ci penso su, voglio lasciar un pensiero alle “vittime” della vicenda; o meglio…mi spiego. Inizialmente leggendo la notizia mi ha colpito molta tristezza, tristezza nel sapere che ancora una volta il sistema ha fallito, tristezza nell’avere la conferma che, come in molti dicono, “il doping è più avanti dell’antidoping” (la mia tesi per la laurea magistrale, non a caso, tratta l’argomento del doping di stato russo). Tutto sembrava finire lì; se non che alla notizia dei nomi degli atleti coinvolti, mi ha pervaso la curiosità e assieme ad essa un grosso dubbio: io c’ero a quell’Olimpiade, ricordo ancora indelebile un 4° posto per pochi centesimi ed indelebile è il testa a testa per la lotta alle medaglie con la Cina. Ed ecco il dubbio, diventato subito realtà: 3/4 della staffetta 4×100 mista mixed che in quella finale olimpica vinceva la medaglia d’argento, è composta da atleti presenti in quella lista. Non mi interessa parlare della situazione in sé, a chi verranno affidate le colpe, chi dovrà pagare per questo errore, quali saranno le conseguenze di tutto questo; io spero solo che per RISPETTO allo sport e agli ATLETI si faccia chiarezza sulla situazione. Quello di cui voglio parlare è di NOI, atleti che scendono in acqua e neanche pensano al fatto che accanto a loro sul blocchetto potrebbe esserci qualcuno che non sta giocando pulito, noi siamo fiduciosi nel sistema, crediamo alla correttezza del nostro avversario, probabilmente in quel momento pensiamo così tanto a noi stessi e alla nostra prestazione che mai ci verrebbe in mente di farci distrarre da un pensiero simile. Noi siamo lì a giocarci in una manciata di secondi o minuti il tutto per tutto, siamo lì a cercare di giustificare anche l’ultima goccia di sudore versata in allenamento, siamo lì per conquistare qualcosa che è il premio di una vita fatta di sacrifici e rinunce. Quando questo non arriva per demerito nostro sono lacrime e disperazione, ma quando qualcuno dall’esterno ti strappa quel momento che per te potrebbe essere uno dei più belli della tua vita, beh in quel caso, come si reagisce? Quella staffetta la ricorderò per sempre perché, oltre alle emozioni irripetibili vissute, è stato allo stesso tempo il momento più alto e sicuramente il quarto posto più amaro e triste della mia carriera"

 

Elena Di Liddo Ph. profilo Instragram

 

Ma la conclusione del suo post è ancora più intenso e fa comprendere l'amarezza e la delusione ma anche la speranza che ha nel cuore un atleta che dedica tutta la sua vita allo sport "pulito" :

"Oggi, dopo 3 anni da quel giorno, esattamente a pochi mesi da un’altra Olimpiade, che chissà mai potrò rivivere ancora una volta, mi domando…Lo sport è fatto di attimi, di momenti che nel bene o nel male saranno indimenticabili, poche sono le vittorie al pari delle sconfitte, ma seppur poche quelle vittorie oltre ad un pezzo di metallo, si portano dietro emozioni che nessuno mai, tanto meno a distanza di mesi, potrà restituirti. Se facciamo sì che il doping continui a sporcare lo sport, quante altre lacrime di gioia e immensa soddisfazione dovremmo restituire a noi vittime? Non è la medaglia spedita per posta, non sono i premi in denaro che inevitabilmente ripagano di tanti sacrifici… qui si parla di EMOZIONI. Se chiudo gli occhi e mi immagino lì… Mi Batte Il Cuore All’Impazzata!!!"

 

In conclusione tutta la vicenda è ancora contornata da troppo fumo e la nostra sensazione e che non finisca ancora qui, a meno di 100 giorni da Parigi 2024 non possiamo innanzitutto che augurarci che Elena di Liddo possa trovare al Sette Colli il suo pass per la Francia per essere ancora una volta protagonista e che si faccia chiarezza una volta per tutte su questi meccanismi di controllo che utilizza chi deve fare in modo che non ci siano più atleti che usino mezzucci sporchi per arrivare a competere ai massimi livelli, penalizzando sportivi che buttano il cuore e la fatica oltre l'ostacolo per arrivare a vivere il sogno della propria vita.

 

palazzo@swimbiz.it

 

 

 

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