Punto Acquatico: Tra la gara Regina e il sogno del Mire

Il punto acquatico - L'editoriale del direttore Christian Zicche

Copyright foto: Swimbiz.it

Per pareggiarne lo sguardo occorre pensare in grande, visti i suoi superati - di diversi centimetri- due metri.

Ma è il peso, intorno al quintale o qualcosina meno in forma, a impressionare. Tutto assemblato, muscoli e ancora muscoli, pettorale supersonico a padella e braccia che un boscaiolo si sentirebbe in difficoltà al confronto.

Un po' di orecchie a sventola, per ritornare tra i normali. Ma per quello c’è la cuffia che rende tutto idrodinamico, non preoccupatevi, e ristabilisce le giuste proporzioni. Che sono fantastiche.

Il resto, perfetto per schiaffeggiare l’acqua con la meno delicatezza possibile, nella velocità più assoluta. Ma a guardarlo dritto negli occhi (al caso dotatevi di scala) vi renderete conto dell’animo cucciolesco che lo pervade.

Il Mire è così, al secolo acquatico Alessandro Miressi, un quarto di secolo che a ben vedere vista la nascita sabauda, potrebbe essere confuso col il Sire delle acque. Sì, perché il nostro si cimenta in quella gara, la regina, meglio la sfida alla regina. Che da sempre decreta non solo il più veloce a coprire una piscina (lunga) avanti e indietro, ma il nuotatore più più nella gara più più. La gara che “fa” l’olimpiade e non solo. Così sarà anche a Parigi, ufficialmente Parigi 2024. Politicamente e sportivamente, ti dice se sei una nazione e conseguente un atleta da Olimpo. Infatti, a essere popolo di santi e nuotatori abbiamo iniziato nel 2005 con Filippo Magnini, primo azzurro a vincere (e un certo Phelps in quella gara finì oltre i piedi del podio) quello che non avevamo mai pensato di essere buoni a fare. Un mondiale certo, poi replicato nel 2007, ma non ancora una Olimpiade.

Cosa ci vuole e cosa ci manca allora per il sigillo regale, per una eventuale prima volta? Se dovesse rispondere il Mire forse la metterebbe sul tempo, che poi è la cosa che conta di più tra l’apposto e via, e la manina che chiude la piastra elettronica d’arrivo. Ma non è solo quello, aggiungo io. E’ uno stato mentale, l’utile forma certo, la tenuta e la concentrazione tra bagnetto riscaldante batterie semi e disfida finale. Una roba complessa e complicata, zero imperfezioni da inizio fine e LA giornata acquatica che entra come non mai.

Una questione di perfezione stilistica, di dosaggio di forze, di errori ridotti a zero, di partenza spaziale, di virata squalesca e arrivo come se non ci fosse più un domani acquatico. Poi, i conti con l’incognita gialla, intesa come l’attuale primatista del mondo Pan Zhanie, un cinese che chiude tutti i circuiti di calcolo a 46 secondi e 80. Come dire, che magari vinci anche senza record del mondo l’olimpiade, ma presentarsi così nello spogliatoio fa pensare a tutti che il dragone è fuoco e fiamme, sugli sgasamenti poi occorrerebbe capire come ci arrivano così rapidamente da quelle parti. Il nostro cavaliere da 100 ha sgasicchiato così colì agli internazionali d’Italia poco fa, 48”08, lontanino di molto anche dal suo primatissimo record italico a 47”45. Certo il Mire mette in pista il fisico. Muscoli e lo sguardo che sotto gli occhialini di trasforma nei secondi ritornati cattivissimi cinquanta, forse nel gesto il migliore al mondo. Il ritorno, che sembra il titolo di un film di gloria. Certo gli altri convenuti non sono lì a fare da contorno teatrale, belligrossi e bellimbusti lo sono un po' tutti nella specialità.

Manco a dirlo a Popovici l’ultimo rumeno da record del mondo che sembrava una eccezione tra tanti grossetti, risucchiato in breve tempo quasi fosse in una vasca di idromassaggio. Occorre tutto, in questa olimpiade da 100 stile libero, e se avete suggerimenti chiamate Antonio Satta, il Mirecoach. Che avrà pensato, immagino, anche lui che in quarantotto secondi o poco sotto del Settecolli, è come andare in vacanza al villaggio acquatico e fare i fighi perché si nuota bene, ma nulla più. Ci vuole la gara perfetta ( a Tokyo A.M finì sesto in finale) e niente panico. Anzi sì il Panico ci vuole , che è il cognome di mamma Piera campionessa di softball che ha avuto il merito di trasmettere passione e DNA al figliolone allevato a minestrine e a agonismo militante.

Il sogno del Mire è lecito. Se non lo fosse, che buona acqua sarebbe nella botte grande del nostro stileliberista quasi perfetto detto il Colosso di Torino? (cit. Stefano Palazzo di Swimbiz.it).

Au revoir a Paris, et bonne chance Sire Mire..

zicche@swimbiz.it

 

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Telegram