Scordatevi Al Pacino di “Ogni maledetta domenica” che carica la sua squadra col discorso pre partita più famoso del cinema “Il mental coach non è motivatore dell’atleta, ma gli insegna a gestire autonomamente le attività mentali – spiega a Swimbiz.it Paolo Benini, docente all’Università di Siena – siamo solo traghettatori: ‘coach’ significa carrozza in inglese”. Il mental coach è un ruolo, in Italia “Non ancora ben definito – al punto che spesso la categoria è tacciata di mascherare, sotto quel termine, guru improvvisati – è un rischio in cui può incorrere ogni professione. Anche il titolo di studio, da solo, non garantisce competenza”. Anche per questo, nel suo percorso ha seguito più esperienze: laurea in medicina, specializzazione in psicologia, certificazione in mental coaching “A differenza degli psicologi sportivi, non andiamo a correggere fenomeni distorsivi del pensiero. Aiutiamo individui già sani a sviluppare una mentalità vincente, controllare le distrazioni, programmare e ottnere obiettivi concreti – perché, come ogni coach – non possiamo promettere medaglie: la vittoria dipende anche dalla fortuna (infortuni dell’ultimo minuto, squalifiche…) e dagli avversari. E i risultati arrivano dal lavoro dell’intero staff: il bravo atleta allena il fisico, la tecnica e la mente”. E sa anche cambiare le sue idee. Luca Dotto agli Assoluti Primaverili 2013(leggi qui) dichiarava “Per me il mental coach è per i deboli”. Quest’anno segue un percorso col professor Benini – che collabora con la Fin e segue, tra gli altri, anche il gruppo di Gregorio Paltrinieri e Stefano Morini – e si è presentato ai Campionati Invernali sereno e in forma “E’ normale, le nostre percezioni cambiano grazie a situazioni che inducano a riflettere. Magari stai andando forte e procedi ‘per inerzia’, col rischio che insorgano problemi quando devi replicare certi risultati e vedi che non arrivano”. Perché lo sport va vissuto nel modo giusto “Dev’essere un mezzo, mai uno scopo. Devi gareggiare per te stesso, non per trarre benefici dalla vittoria. Lo sport non è ciò che ti identifica, ma è anzi una filosofia che ti aiuta a conoscere te stesso”. E non è solo questione di umore o atteggiamento. Il preparatore mentale Alessandro Vergendo cita gli studi del fisiologo Fabrizio Benedetti sull’effetto nocebo, contrario del placebo “Nella sua straordinaria concretezza, con l’ effetto nocebo vengono rilasciate sostanze endogene che, come risultato finale, limitano l’espressione fisica e fisiologica della persona”. E Paolo Benini conferma “Il pensiero non è la nuvoletta dei fumetti. E’ il risultato di una perturbazione del sistema interno che ha a sua volta effetti, positivi o negativi, sul sistema interno. Con effetti anche sul fisico e sulle prestazioni".
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