La questione Senna è ormai di dominio pubblico mondiale, e con lei lo scandalo di un tira e molla che pare non risolversi mai.
A scapito degli atleti e della loro salute, che poi è il tema più importante. La salute, perché l’atleta belga del Triathlon ricoverata in ospedale da quattro giorni con una infezione intestinale dopo essersi immersa nelle acque del fiume che attraversa Parigi, è la cronaca aggiornata ma purtroppo fin troppo annunciata di un cattivo e irrispettoso atteggiamento nei confronti di tutti gli atleti che hanno avuto e che avranno a che fare con quelle acque. Escherichia coli e il resto, tradotto un putrido bacino che di idrico e nuotabile - balneabile dicono i francesi- non ha praticamente nulla. Con l’aggravante delle continue quanto pretestuose analisi dei valori che a momenti e a tratti , confortano gli organizzatori nel loro persistere nell’idea di affrontare due giorni di 10 chilometri che rasentano il delirio.
Ora fare una dieci chilometri imporrebbe un rischio molto più esteso percentualmente e statisticamente rispetto alla “breve” dei colleghi triatleti. Una gara di circa due ore in un contesto simile, va oltre il limite del rispetto della salute. E’ anteporre l’idea stessa di confronto con una natura amica che si trasforma solo nell’interesse a seguire in modo pretestuoso il canovaccio imposto da una teatralità che sinceramente stufa nella sua irrispettosità estrema. Per i nostri azzurri- capitanati da Gregorio Paltrinieri - come di qualsiasi altro atleta. E non sono sufficienti i protocolli preventivi che gli atleti usano per evitare, come tante volte succede, spiacevoli conseguenze.
Qui si gioca sulla pelle una roulette dalle sfumature inquietanti. Come sapere che se è già capitato per un breve tratto, immaginatevi immersi per dieci chilometri.
Un azzardo, senza senso.
La dieci sulla Senna non s’ha da fare
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