Come stanno le acque di Rio? L’Italfondo lo sa

Copyright foto: Stefano Rubaudo

La Baia di Guanabara di Rio e la spiaggia di Copacabana (Google)
La Baia di Guanabara di Rio e la spiaggia di Copacabana (Google)

Una è la baia di Guanabara, sede delle gare olimpiche di vela, l’altra è la spiaggia di Copacabana, da cui partiranno triathlon e nuoto in acque libere. Da quattro anni sono tra le zone più note (o notorie) di Rio de Janeiro, che tra otto giorni aprirà i Giochi Olimpici 2016. La mappa mostra che le acque sono collegate, ma non vicine. Diverse anche le finalità: Guanabara al centro di un intenso traffico portuale; Copacabana simbolo del turismo balneare. Questo fa capire perché Guanabara - il Porto di Rio è sulla sua riva occidentale - registri l’elevato tasso d’inquinamento di cui si è parlato in questi anni, la cui reale entità è stata denunciata da Greenpeace nel 2002. Ci sono volute le Olimpiadi, 14 anni dopo, per prestarvi attenzione. E’ altrettanto semplice capire perché, invece, migliaia di persone facciano il bagno ogni giorno a Copacabana.

L’Italfondo è testimone diretta delle condizioni del circuito olimpico. Test gara nell’agosto 2015(leggi qui) e poi a novembre e a febbraio 2016 per lunghi collegiali. Senza intossicazioni, né Zika(leggi qui). Acque cristalline, allora? No di certo. Il collegiale di febbraio coincise col Carnevale, tra pile di bottiglie e lattine ‘omaggio’ delle feste in spiaggia. Ma i fondisti, purtroppo, sono abituati a nuotare ovunque tra acque sporche e spazzatura: Brasile, Italia, Russia, Spagna… l’inciviltà è cittadina del mondo. Persino virus intestinali e simili sono un rischio del mestiere: chiedere agli azzurri della tappa di World Cup a Shantou, in Cina, nel 2013(leggi qui). Per non parlare dei saltuari ritiri dalle gare (o persino svenimenti) di qualche atleta per la fatica o la temperatura dell’acqua. A dirla tutta, anche a Guanabara “Le gare saranno molto vicine all’oceano, non all’interno della baia. I veri problemi sono per chi abita lì spiegò a Swimbiz.it Helena Rebello, giornalista di Globoesporte(leggi qui). Si badi, la quantità di ammonimenti da biologi e affini (anche per Copacabana) rende doveroso prendere ogni necessaria precauzione. Senza, però, passare dal lassismo alla paranoia.

moscarella@swimbiz.it

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Rachele Bruni e Simone Ruffini hanno ritwittato l'articolo
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