Così su due piedi, come la partenza à piè pari che è il vizio iniziale. Ventidue secondi e cinquantaquattro di preparazione per l’esplosione finale, come quando trattieni il fiato per cinquanta metri nuotati a stile libero e ti liberi in un Bocchia qualsiasi d’assalto. La forma non è certo olimpica, eliminè, ma è proprio sul concetto di forma che vorremmo spaziare altrimenti la distanza percorsa. Che è quella fuori vasca, il tempo di scrollarsi la cuffia di testa, raggiungere il microfono puntato a piè pari pure lui da una giornalista, e iniziare a fare il Federico Bocchia prima maniera. Prima maniera, senza maniera. Quello dell’estremo, del King shark, il re squalo, formula impacciata se trasferita a Rio. “Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito da casa”, che bello anche FB ringrazia “quanti hanno” ma poi quella mano penetrante, ma fuori acqua purtroppo, raggiunge quell’estrema ultima risorsa di aria nei polmoni e parte “a tutti gli altri” un Prrrrrrr poco olimpico. Il pernacchio olimpico, quello, proprio non l’avevamo considerato.