Si chiamava Francis Crippen, fondista americano. Morì il 23 ottobre 2010 a 26 anni, a Fujaira (Emirati Arabi), ultima tappa della maratona 10km Fina. “Il fatto più grave è che si accorsero della sua scomparsa solo a competizione finita - ricorda a Swimbiz Stefano Rubaudo, team manager dell’Italfondo – bisogna individuare subito chi abbia problemi di salute in gara, come agli scorsi Europei di Berlino(leggi qui)”. Ufficialmente, l’inchiesta della Fina parlò di possibile anomalia cardiaca “Quando andai da atleta, non nuotai per la febbre, ma ricordo il caldo: dopo quella gara, Luca Baldini fu fermato alla visita medica, al ritorno in Italia. Luca aveva anche un problema congenito, ma nessuno di noi tornò in buone condizioni – e se l’acqua - sfiora i 30° chiunque, se non nelle migliori condizioni, rischia di avere problemi. Specie ora che la 10 km non è più classica maratona di attesa, ma si attacca dall’inizio alla fine”. E la scelta d’inserire nuovamente gli Emirati Arabi nel circuito Fina – 13 marzo ad Abu Dhabi, ma sul calendario ufficiale è accompagnata dalla scritta tbc (da confermare) – “Sconcerta Usa Swimming che non ha intenzione di mandare atleti a un evento in acque libere negli Emirati” scrive a SwimmingWorld Chuck Wielgus, Direttore Esecutivo della federnuoto americana. Cornel Marculescu, che ricopre il medesimo ruolo in Fina, a ESPN risponde “Non si può bandire a vita la federazione dov’è successo. E’ stata una tragedia, ma accade in ogni sport e quelle gare ancora esistono”. Sempre negli Usa, denuncerebbero scarse informazioni sugli standard di sicurezza fornite dagli Emirati ”Anche noi siamo rimasti sorpresi, perché la gara è stata inserita pochi giorni fa, a calendario già ufficializzato – prosegue Rubaudo – abbiamo scelto di non mandare Azzurri, per ragioni diverse dagli americani. Ma loro non si spaventano facilmente, si buttano ovunque; se sono preoccupati per la salute degli atleti, potrebbero esserci rischi reali”. E conclude “Mi auguro che gli Emirati diano tutte le garanzie, dalla temperatura dell’acqua alle barche di sicurezza, verificate dalla Fina – inoltre – se le federazioni mandassero i propri atleti, solo per scoprire che quegli standard non sono rispettati, la federnuoto emiratina dovrebbe rimborsarle. Perché non si può rischiare la vita degli atleti”.
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