Non abbiamo riscoperto l’acqua calda, ma poco ci manca. Se la notizia del giorno è il grande trend acquatico di questo Paese(leggi qui) - quanto piace l’acqua e il praticarla - noi in parte la ribattuta della notizia la aspettavamo da quel dì(leggi qui). C’è una sorta di equazione non scritta, ma evidente che sui risultati agonistici dello sport il praticantato dei principianti va a braccetto col il risultato e le conseguenti medaglie che fanno la storia di una disciplina. Vedi vincere il campione, ti viene voglia di gioire del suo sport, una sorta di transfert psico-fisico come sempre più spesso notiamo nelle categorie master e amatori del nuoto libero, preda efficace dei tanti emuli in cuffia e occhialini a cui le endorfine scattano appena mettono piede in piscina. Nel nuoto il parallelo è dominato dalle richieste sempre più intense di scuola nuoto, anche se l’appeal va ben oltre il lato fitness e di benessere che coinvolge le mamme che fanno aquagym aspettando il pargolo. Gli antichi romani solevano regimentare quasi in casta coloro che “non sanno scrivere, né tantomeno nuotare”, a ragione la “categoria” dei nuotatori non è solo uno stato dello spirito sportivo, ma un efficace metronomo della civiltà motoria di un Paese, con intersezioni evidenti nella cultura, perché lo sport, e il nuoto, sono cultura. Eravamo un Paese con un ancora basso indice di alfabetizzazione natatoria fino agli anni settanta, in raffronto al resto del mondo civilizzato natatoriamente, oggi abbiamo – sul serio - invertito il trend e tutti gli indicatori sono puntati verso l’alto. Con tutto il bene che ci mette il nuoto di suo a chi di nuoto, e di acqua, si nutre con passione tutti i giorni.