One, two, three, four, five, six, seven, eight… pausa. Poi, di nuovo con le gambe che si fanno di balletto, scimitarre acquatiche e piedi tesi all’inverosimile, con quel ritmo cadenzato da una voce allenante che esce secca da un microfono che rimbomba sopra e sotto l’acqua. Si ricomincia. Dieci, cento, mille volte, una ripetizione infinita, continua, ossessiva, mai doma. La voce come un mantra e la musica che stacca sul pezzo. Non c’è pace sul particolare che insegue la perfezione, che solo un occhio allenato percepisce nella sua continua modificazione. E si ripete fino alla millesima bollicina spostata, lì sotto fino a toccare, ma non puoi, le piastrelle dove tutto si prepara e si riflette.
Sotto, universo separato che pensi sia, ma gli occhi sono sempre lì, indiscreti, a giudicarti. Il sincronizzato è un universo danzesco proteso all’esterno, a pelo d’acqua, e con la spinta anche più in alto, ma che si forma e prende corpo e consistenza sotto, nelle profondità della piscina. Un momento in cui i corpi e i volti si fondono, si allargano, si compenetrano, un duo sincronizzato alla ricerca della perfezione del gesto. Yin e yang, bianco e nero, uomo e donna, Minisini in duo con Flamini, oggi d’oro mondiali hanno vissuto l’ultimo mese - con Mariangela Perrupato - a costruire il loro successo e la loro storia come un monaco tibetano si concentra per sublimare la mente e il corpo. Un’anima particolare, quasi che il duo misto del sesso se ne facesse un baffo, alla fine è un duo unico. Due angeli che danzano. Che cosa è l’essenza del synchro, del nuoto sincronizzato che poi è una danza nell’elemento acqua, lo capisci nel duro lavoro di preparazione. Il particolare curato come l’anima di un danzatore che sa che tutto è un batter di ciglio, un respiro che se ne va nella sua perfezione che deve essere estrema per essere the one. L’unico, the one. Il principe che si è fatto Re Minisini. E le sue compagne, un corpo unico di bellezza stilistica. Fusa in due anime, bellissime e dolcissime in acqua.