L’atleta come modello di perfezione fisica e mentale. Modello, appunto, perché dietro quell’immagine-corazza possono annidarsi disagi, fragilità e problemi fin troppo comuni. Federica Pellegrini in carriera ha sofferto di attacchi di panico e dichiarato pubblicamente di aver avuto problemi di bulimia(leggi qui), difficoltà superate solo con un lavoro specifico. Una storia personale simile, oltre a uno sponsor comune, a quella del capitano della Juventus (peraltro squadra di Federica) Gianluigi Buffon, che in passato soffrì di depressione, intervistati entrambi da Lia Capizzi per Sky Sport “E’ un po’ stupido portare avanti questa idea dello ‘sportivo-robot’, non siamo robot. Quello che può succedere a una persona normale può succedere anche noi, forse anche enfatizzato un po’ da tutto quello che è la nostra vita” dichiara l’olimpionica azzurra, ricordando come le vittorie siano un maggiore fattore di pressione.
Del resto, che medaglie e trofei non siano uno scudo contro questo tipo di problematiche, è reso evidente dalle storie di altri fuoriclasse della vasca quali Michael Phelps(leggi qui), Allison Schmitt, Missy Franklin, Ian Thorpe, Grant Hackett e molti altri ancora. Luca Giustolisi, bronzo olimpico ’96 col Settebello, decise d diventare psicologo dopo il suicido del suo compagno di squadra della Pro Recco Jesus Rollan, un oro olimpico. “E’ innegabile che la nostra società idolatri lo sportivo – spiegò Giustolisi in un’intervista a Swimbiz.it(leggi qui), ma anche i più vincenti tra gli atleti possono scoprire - che dietro a quella medaglia non c’è tutto questo ‘tesoro’, questa felicità dipinta da fuori”. Il principale compito degli psicologi sportivi è proprio questo: dare all’atleta, prima ancora che aiutarlo a raggiungere il risultato agonistico, gli strumenti per superare autonomamente blocchi e paure, consce e inconsce. Non solo in gara.