Che cosa è veramente il nuoto di fondo, di orizzonti sconfinati, detto anche di acque libere? A me pare la vera e la più profonda essenza del nuoto, un po’ il primitivo, tu e l’acqua senza limiti e legami, fuori dal cloro, con quel mondo rovesciato negli occhialini che ti rimbalza la visione al contrario di un universo fatto di spazi infiniti; pesce tra i pesci, che ritorna tra l’origine e l’inizio, quando l’uomo aquaticus si muoveva nel naturale elemento che poi è riuscito in qualche modo a delimitare dentro una piscina senza vie di fuga, se non quella della vittoria. Ci abbiamo messo le corsie e i blocchi di partenza e zac. Zac appunto, imbrigliando il nuoto divertimento al nostro gusto di competizione. Che ci piace sia chiaro, ma a ben vedere abbiamo in qualche modo rotto con le corsie quello schema di libertà estrema-partiamo da qui e vince chi arriva dopo tutto quel navigare a braccia e gambe - che a guardare chi cavalca a forza d’stinto e potenza natatoria una dieci chilometri (ma anche 25 e 5 chilometri, che purtroppo in questo caso non olimpiche) rimane a stregare chiunque senta il profumo della sfida aperta. Mare, lago, fiume e canale, meduse e avversari. Ma poi alla fine ci sei tu, con te stesso, contro te stesso, lo scoramento e l’esaltazione che ti prende all’improvviso. Rio al fondo sarà soprattutto questo, acquatico mondo di bracciate e di sogni. E l’azzurro si confonderà con quello che in fondo cerchiamo nel nostro cuore e nella nostra anima mentre nelle libere acque scateneremo il nostro primitivo. Guardando gli europei olandesi oggi, al fondo c’è Rio.