Parte a razzo Gregorio Paltrinieri. Forse l’unica soluzione per cambiare la tattica finale e dare un ritmo diverso a un millecinque che si fa sempre velocissimo, fin dalle prime bracciate. Un atteggiamento eroico, quasi sprezzante, abbondantemente sotto il record del mondo (suo) per tre quarti di gara. Particolari che subito l’avversario ucraino Romanchuk interpreta all’inseguimento, e diventa una lezione acquatica sul filo del rasoio. Il finale lo avete visto tutti, e cronometro alla mano gli ultimi cinquanta metri mettono in chiaro chi sfrutta meglio le virate e inserisce le gambe a motoscafo, energia e stilistica a parte: la mano sull’oro la mette Romanchuk che sprinta in 25”84, e il mai domo Paltri dà tutto se’ stesso in 27”16.
Analisi tecnica a parte, è quella psicologica e di condizionamento che vogliamo analizzare: un argento comunque meraviglioso, perché ci dà delle indicazioni interessanti e importanti. Greg trasferito in lunga sarà un‘altra storia, la rabbia - cuffia gettata all’acqua all’arrivo- vuol dire che nessuno abdica a nessuno, e anzi la fame è ritornata forte. Se non fosse acquaticamente blasfemo, dopo l’arrivo ci si potrebbe rispondere in cuor nostro “complimenti, ma caro Roman nun te temo”. Onore al vincitore, ma la sesta medaglia azzurra ha un sapore d’argento cangiante. Arrinuotarci in Corea. Bentrovato Greg.