Così sa di vendetta di Montezuma, quella famosa del mal di pancia che ti atterra appena arrivi fuori casa. Ci mancava questa a Federico Turrini, il dottore che dal dottore(quello vero degli azzurri, Marugo) è corso per risolvere un evidente stato di non competizione. E così le nobili batterie dei duecento misti con Phelps lucidissimo sempre si tingono di prosieguo di sfiga, se così la vogliamo chiamare. Ieri i duecento di Federica Pellegrini, con quel nodo in gola che s’nsinua lungo il quarto posto che sa di beffa e di paura, perché contagia lo stato d’animo di chi nuota in gruppo. Lo sport singolo del nuoto si trasforma in un’altra tempestosa giornata che fa il pari con il brutto di fuori, e sempre di duecento metri si tratta per le ragazze azzurre, frastornate in gruppo lontane 9 secondi dai fasti mondiali che furono di un anno fa. Cosa succede agli azzurri? C’è bisogno di riprendere la bussola dello smarrimento, e non è bastato forse solo il bronzeo Gabriele Detti dell’inizio. Occorre mettere la barra del timone tutta a dritta, e fare gruppo intorno all’idea che presto metteremo in pista i calibri di Ostia, i Moro Boys. Perché i blocchi (un po’ scivolosi) di partenza, hanno bisogno di un asciugamano asciutto pronto per rimetterli nella giusta direzione.