Mentre scrivo, ascolto il cd “Futtetenne” che il grande Carlo Pedersoli mi regalò quella mattina di tredici anni fa, quando andai nel suo ufficio ai Parioli, quartiere di Roma, per l’intervista che dovevo fare per il quotidiano della città.
Emozionato come un bambino, lo ero come non lo sono forse mai stato al cospetto di chiunque intervistato perché Bud Spencer per la mia generazione è stato quel mito tra cinema e tivù, tra cazzotti western, fagiolate e peti, l’allegria e la simpatia unica tra risate e leggerezza che oggi riusciamo raramente a trovare. In un momento, quando la sua dolce e puntualissima segretaria mi aprì la porta mi trovai di fronte il mio eroe della tv e il grandissimo campione che è stato. Il Bud Spencer cinematografico, quello della tivù e del grandissimo pubblico che ancora oggi fa lo share di chiunque lo metta in programmazione, e l’originale, il Carlo Pedersoli uomo della filosofia del Futtetenne, il nuotatore pallanuotista a tratti rugbista, un concentrato irripetibile nella storia del nuoto e dello sport , il mito del primo a scendere sotto il minuto nei cento metri stile libero.
Carlo Bud era così fronte a me, imponente dietro la scrivania come usciva incredibile dallo schermo come un Bulldozer, lo chiamavano così il mito-amico dei bambini. Con quegli occhi a fessura, profondi e dolcissimi, un uomo e un galantuomo di altri tempi, enorme con le manone da pugno in testa, ma delicate quando mi firmò l’autografo. Uno sportivo e un nuotatore da due mondi. Come quando raccontava della sua prima olimpiade a Helsinki in treno sui sedili di legno misto fachiro e la gioia di procurarsi almeno i cuscini per non arrivare sul blocco di partenza già rotto. Cosi come i cambi di rotta da trasvolatore dall’Argentina al Venezuela, dove tra lavoro e vita continuava lo sport. Una sorta di Garibaldi dello sport . “Quando uscirà il pezzo?” mi chiese con quella voce roca così caratteristica che mi sembrava di essere dentro al film, “la verità? Non lo so, dipende dal mio caporedattore” risposi quasi intimidito, un po’ imbarazzato, nei giornali di carta spesso va così che il cronista è appeso alle volontà e agli spazi che ti danno dall’alto, quando te li danno.
Sensibile, Carlo Bud mi sorrise con gli occhi e tra il roco e filosofico “futtetenne” mi venne in soccorso, come un dolce nonno, quasi avesse capito che ero lì per il mio mito e che il nuoto era la passione condivisa. “Come va Magnini?” fu l’inizio del vero divertimento e allora partì un’ora e mezza di chiacchierata tra le corsie e capì che eravamo della stessa famiglia , come se d’improvviso fossimo dentro allo spogliatoio della sua amata piscina. Quella piscina che tutta oggi gli dice grazie grande Carlo Bud, nuotatore dei due mondi da ieri sera in mezzo agli angeli del nuoto. Anche quelli che mangiano i fagioli.