La multa prevista è indicata in lire, perché risale all’anno 2000 “Alla legge 14 dicembre 2000, n. 376 si può leggere all’articolo 9: salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 milioni chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze […] al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze “ come illustrò a Swimbiz.it Pietro Antonio Sirena, Presidente della IV sezione penale alla Corte Suprema di Cassazione.
Eppure, in tempi recenti non si registrano casi di atleti, puniti per l’uso di doping, sanzionati col carcere “Ma questo è facilmente spiegabile. Per quanto il diritto sportivo si rifaccia a quello penale(leggi qui), i due procedimenti sono distinti. La semplice assunzione non è sanzionata a livello penale, a meno che non sia dimostrata la volontà di manipolare una competizione sportiva – spiega a Swimbiz.it l’avvocato Silvia Ronchetti – ad esempio, per fini di scommesse. Esistono altre differenze: ad esempio, nel processo penale ci si può avvalere della facoltà di non rispondere, quando si testimonia contro un congiunto – non è necessario che sia un coniuge – mentre nel processo sportivo non è previsto”. Per dimostrare il dolo “Le indagini devono essere lunghe e approfondite. D’altra parte, il caso cade in prescrizione dopo 6 anni, massimo 7.5”.
Senza scordare che “Se la pena massima è di tre anni, immagino che in media si arrivi a un mese con la condizionale” sottolineò lo stesso Sirena. Per un atleta militare, ovviamente, si possono configurare ulteriori sanzioni “Anzitutto il processo si tiene in un tribunale militare e può comportare molteplici conseguenze, inclusa l’espulsione dal Corpo – conclude Ronchetti - anche in questo caso, tuttavia, va prima dimostrato il dolo”.