A Rio ha compiuto un’impresa che persino Mark Spitz fallì: vincere una medaglia olimpica dopo i trent’anni, 35 per l’esattezza, record d’anzianità per un oro in vasca a cinque cerchi. Il baffo più celebre del nuoto ci riprovò dopo i 40, partendo da una piscina immersa tra le campagne piemontesi(leggi qui), ma fallendo senz’appello. Anthony Ervin, di contro, vuole nuotare finché ne avrà forza. Il pensiero di costruire una famiglia si fa forte, ma a Tokyo 2020 cercherà, a 39 anni, un nuovo primato in longevità sportiva. E, come Spitz, inizia il nuovo percorso dall’Italia. Dal 22”51 di stamattina nuotato (molto sciolto) nella vasca corta di un'affollata piscina Sciorba, nelle batterie dei 50 stile libero al 43° Trofeo Nico Sapio di Genova. Terzo tempo assoluto di qualifica, con un Federico Bocchia davanti a tutti in 22”35. “Il fisico dei nuotatori sta cambiando, me ne rendo conto. Ma ognuno ha la sua nuotata e le sue qualità su cui puntare” commenta Ervin a Swimbiz.it, professionista attento persino a non coprire il marchio del suo sponsor, quando lo fotografano.
Dalla sua storia travagliata, che tutti conoscono(leggi qui), ha imparato che le cose più importanti sono la testa e la voglia di arrivare. E tuttavia “Stare lontani dalle competizioni per un periodo – esempi sono lui, ma anche lo stesso Michael Phelps - aiuta ad allentare la tensione e spegnere i fare puntati addosso. E la lontananza dal cloro, seppur momentanea, fa trovare nuovi stimoli e voglia di fare che permettono di continuare più a lungo”. Nel suo caso, il nuoto l’ha anche aiutato a disintossicarsi. Letteralmente “Mi ha aiutato superare tutto, perché mi ha tenuto molto impegnato. Ma non devo dimenticare quanto mi è successo. Ogni giorno devo ricordarmeli per capire la strada che deve fare, passo dopo passo, per arrivare sempre più in alto”.