Era il periodo del lock down, causato dalla lunga pandemia del Covid-19, quando il mondo politico si è accorto che tra le categorie più penalizzate dalla sospensione del lavoro ne appariva una che non poteva usufruire dello smart working: il lavoratore sportivo.
Fino ad allora, questa figura che accompagna da sempre il percorso di chi pratica sport sia a livello amatoriale che agonistico, era considerata fluttuante, composta nella maggior parte dei casi da studenti universitari che, per poter mettere da parte un minimo compenso da affiancare alle borse di studio o alla borsetta di mammà, lavoravano in piscine e palestre come istruttori o assistenti bagnanti.
I contratti previsti non eccedevano i 5.000 euro annui e duravano al massimo 11 mesi, da rinnovare successivamente per altri 11 mesi e così via, per un massimo di 5 rinnovi, altrimenti sarebbe scattata la clausola dell’assunzione come dipendenti. Ma nel mondo dello sport non tutti gli imprenditori si sono comportati nel modo più corretto e spesso questi contratti si sono ripetuti più e più volte e questa pletora di collaboratori ha lavorato come precario anche post diploma o laurea senza avere nessun contributo versato nel tempo.
Ritornando al periodo pandemico, fu l’allora Ministro per le Politiche giovanili e lo Sport Vincenzo Spadafora a raccogliere il grido d’allarme di chi non aveva avuto nessuna possibilità di ottenere ristorni e lanciò, tramite Sport e Salute, il censimento di queste figure che non avevano contratti lavorativi, scoprendo una platea di oltre 180.000 persone che risultavano collaboratori sportivi, destinando quindi loro, un bonus tra i 600 e gli 800 euro mensili per soddisfare, almeno in parte, le esigenze economiche di chi non potava lavorare causa chiusura delle piscine e delle palestre.
Passata l’emergenza Covid, dal Governo nazionale si è sentita l’esigenza di regolamentare definitivamente la questione e finalmente, dopo un lungo travaglio durato quasi tre anni, il primo luglio entrerà in vigore la riforma dello Sport che abbraccia non solo il decreto 36/21 in tema di enti sportivi dilettantistici e lavoro sportivo ma anche il decreto 39/21 istitutivo del nuovo registro sport e che permetterà la creazione di un comitato permanente composto dal Dipartimento dello Sport, Coni e Comitato Italiano Paraolimpico a cui verrà demandato il compito degli statuti societari ai fini dell’iscrizione nel registro delle attività sportive.
Ma il fattore più importante riguarda proprio la figura del lavoratore sportivo; infatti la riforma prevede per tutti i lavoratori sportivi la disciplina ordinaria a tutela di: malattia, infortunio, gravidanza, etc.; la disciplina per la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; agevolazioni ai fini Inail e sicurezza del lavoro per gli sportivi dilettanti che svolgono attività come volontari o che ricevano compensi minori di 5000 euro annui; l’elevazione da 18 a 24 ore il limite settimanale che consente di inquadrare il contratto lavorativo nell’ambito della collaborazione coordinata e continuativa e per le società sportive che non superano i 200.000 euro di fatturato è previsto un credito d’imposta da compensare mensilmente andando a pari con i contributi previdenziali a loro carico versati sui compensi del lavorativi in ambito sportivo.
Tra le norme importanti, anche la durata dei contratti a termine per i lavoratori sportivi che viene stabilita in 5 anni e può esservi successione di contratti a tempo determinato fra stessi soggetti, in deroga alla normativa generale.
Ovviamente da parte di chi gestisce ed investe nelle società sportive non sarà tutto rose e fiori, bisognerà inquadrare i propri lavoratori a norma di legge con tutti gli oneri conseguenti e nonostante le decontribuzioni ai fini pensionistici ci saranno i costi per la sicurezza dovuti all’Inail, le tasse regionali e comunali e potranno continuare ad utilizzare i collaboratori esterni solo se essi non utilizzano il lavoro come sostentamento principale ( quindi solo studenti e volontari che non hanno altre fonti di reddito) e nemmeno i professionisti, come per esempio i fisioterapisti, che dovranno collaborare con la loro categoria professionale.
Ed è proprio di questi giorni la notizia che il Tribunale di Frosinone ha cancellato le pretese dell'INPS nei confronti di una società sportiva poiché l'ente previdenziale riteneva che i compensi degli istruttori dovessero essere tassati anche se corrisposti sotto la soglia dei 10.000 euro annui non riconoscendo le condizioni attualmente normate che prevedono l'esenzione della tassazione nel caso i compensi siano erogati da enti aderenti al CONI, Federazioni Sportive, etc e che le prestazioni siano di tipo non professionale, contestazione che il tribunale ritiene corretta da parte della società in quanto il Giudice ha stabilito che deve essere l'INPS ad avere l'onore di verificare che la pretesa contributiva sia corretta e che il verbale di accertamento da parte degli ispettori del lavoro non costituisce efficacia probatoria.
Insomma, una riforma epocale che metterà probabilmente fine ad una situazione anomala che si è trascinata per troppo tempo e che finalmente, metterà le basi di tutela per i lavoratori e di agevolazioni per gli imprenditori.
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