Le Olimpiadi dei milionari e la Regola 40

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L’International Olympic Committee ha annunciato una partnership milionaria siglata con un noto marchio asiatico di e-commerce a “Non si fanno cifre ufficiali, però quelle ufficiose dicono 800 milioni di dollari - scrive oggi Giulia Zonca su La Stampa. Operazione che “Fornirà la piattaforma digitale dell'intero movimento olimpico, compreso il canale televisivo appena nato e considerato strategico per il futuro”. Le previsioni per il futuro vedrebbero, insomma, un’impennata del valore commerciale delle Olimpiadi: nel gennaio 2016, l’agenzia Reuters scriveva “I top sponsor pagano 25 milioni $ per i diritti, o 100 milioni $ circa per quattro anni, includendo Giochi Estivi e Invernali”.

E per gli atleti? La Regola 40 dello Statuto Olimpico pone serie limitazioni alle sponsorizzazioni individuali durante i Giochi. Gli sponsor olimpici ufficiali, comprensibilmente, difendono i diritti esclusivi acquistati. E l’Ioc, in un memorandum pre Rio, sottolineava che “Il 90% dei ricavi generati dall’Ioc è distribuito tra tutto il movimento sportivo”. In vista dei Giochi di Rio, la regola 40 fu teoricamente allentata, concedendo agli sponsor degli atleti – dietro rigorosa verifica ed eventuale approvazione da parte dei Comitati Olimpici Nazionali - di promuovere campagne pubblicitarie non strettamente connesse ai Giochi e dietro diverse restrizioni. Ad esempio:

Parole ed espressioni, incluso "2016", non utilizzabili negli spot, cartelloni pubblicitari o persino tweet di sponsor non olimpici durante il periodo olimpico. Ma sono vietate anche frasi generiche come "Go Team Usa!". In sostanza, non  si devono creare correlazioni con i Giochi  (fonte Ioc)

Tuttavia, spesso la linea tra ciò che è concesso o proibito è molto più sottile:

Nel primo esempio, la parola "Olimpico" è contestualizzata e non preponderante nel messaggio pubblicitario. Nel secondo esempio, l'espressione "Tuffatore Olimpico" non cita risultati sportivi ed è considerata mettere troppa enfasi sulla parola "Olimpico" (fonte Boc)

Un memorandum (in inglese) del Comitato Olimpico Britannico consegnato agli atleti prima delle Olimpiadi di Rio 2016, contenente regole ed esempi dettagliati di spot, tweet e simili concessi o proibiti durante il periodo olimpico: Clicca qui per l'allegato

 

Il vero problema è che, nella maggior parte dei casi, le domande di approvazione dovevano essere presentate a gennaio. Mesi prima delle qualifiche olimpiche, quando la maggior parte degli atleti nemmeno sapeva se avrebbe partecipato. Neanche i big sono esenti da sorprese: Cesar Cielo è l’atleta sulla cui immagine il Brasile investì maggiormente prima di Rio 2016, ma non si qualificò. Inoltre, la campagna doveva debuttare prima del 27 marzo e proseguire fino al periodo olimpico, per dimostrare la continuità della partnership tra marchio e atleta. E costruire spot d’impatto e continuativi da marzo ad agosto comporta costi che, scriveva Sports Ilustrated il 25 luglio scorso, le aziende più piccole potrebbero non riuscire a sostenere.

moscarella@swimbiz.it

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