Dapprima, affida all’agenzia Reuters il più classico dei “Penserò alla mia corsia”. Ma in uno slancio di sincerità, il velocista australiano James Magnussen ammette “Direi che Cameron McEvoy è la mia gara. Mi focalizzerò molto su di lui”. In fondo, perché non è così? McEvoy si è preso la scena della velocità Aussie, da quando un infortunio alla spalla costrinse “The Missile” a rientrare in rampa di lancio. Col diciassettenne Kyle Chalmers pronto a guastar loro i piani, ai campionati australiani di Adelaide. Magnussen è il più atteso in patria, non può essere altrimenti. Alle Olimpiadi di Londra 2012 doveva guidare il trionfo australiano, fu additato come colpevole principale per il magro bottino. Visse mesi di depressione post-olimpica, rinchiuso in casa in preda all’agorafobia, per paura dell’opinione pubblica. Si è rialzato, ai Mondiali 2013 raggiunse tre mostri sacri come Matt Biondi, Alex Popov e Filippo Magnini, unici a vincere per due volte consecutive l’oro mondale nei 100 stile. La scelta, non condivisa dalla federnuoto australiana, di affidarsi a due tecnici giovani, l’infortunio. Ora deve nuovamente dimostrare ai suoi connazionali di essere rinato. Mack Horton ha sparato in batteria un 3’44”90 da 1° tempo al mondo, e si regala la finale anche l’eterno Grant Hackett (3’47”75), in attesa di trovare nei 200 stile (per la staffetta 4x200) un0incredibile qualificazione olimpica a 35 anni e dopo un ritiro. Ma il più atteso dagli australiani è sempre James Magnussen.