E’ un momento particolarmente vivace, a livello nazionale, per il dorso italiano. Simone Sabbioni, Christopher Ciccarese, Niccolò Bonacchi, Damiano Lestingi, Luca Mencarini... “E’ stimolante. Quando la competizione è così forte, o scappi o ti butti. E io non scappo - commenta deciso a Swimbiz.it Matteo Milli, pronto a cercare il ritorno in nazionale – e a lavorare bene per un quadriennio”. Romano e tesserato per il Team Lombardia “E’ strano, dopo aver sempre rappresentato il Lazio e non capita tutti i giorni. Ma cambiare abitudini aiuta a ritrovare l’amore per quello che fai. E’ un nuovo punto d’inizio che mi dà stimoli, sono stati loro i primi a darmi fiducia” nell’enclave capitolina Sergio De Gregorio-Alfredo Caspoli. Come saranno i dorsisti del futuro? Standardizzati su trampoli alla Lacourt e braccia da apertura alare di un condor? “Se penso a Sabboni, è molto diverso dagli altri, tranne Bonacchi che è alto e ben formato. Ma ci sono cose che vanno oltre, non penso ci si possa specializzare solo su quello – non a caso, aggiunge – quando un fisico già dotato e acquatico di natura incontra il talento e il lavoro, non c’è storia”.
Tre anni fa, a Swimbiz, Milli sottolineò come in Italia non ci fosse la tendenza a gareggiare molto(leggi qui) “In realtà sono solo filosofie differenti degli allenatori. Ho nuotato a lungo sotto Mirko Nozzolillo e, anno più anno meno, gareggiavamo molto. L’ultimo anno, con Massimo Meloni, facevo meno gare, perché si concentra più sull’allenamento – e quando si sceglie un tecnico – bisogna affidarsi totalmente, avere fiducia in lui”. Dunque sono gli atleti che si adattano ai tecnici? “Il rapporto non deve mai essere unilaterale e la fiducia dev’essere reciproca. C’è sempre un aspetto che l’allenatore deve adattare, non tanto alle esigenze dell’atleta, quanto a ciò che serve”. Sembrano parole da futuro tecnico “Ho preso il brevetto e mi è anche stato proposto di allenare. Ma avrei dovuto smettere di nuotare. E non voglio, perché sento di poter ancora fare molto”.