Di suo, Mireia Belmonte Garcia l’aveva anche presa sul ridere, postando una foto sorridente su Instagram e dichiarando di non ravvisare malizia nel gesto. Ma il canoista Javier Hernanz, compagno della campionessa spagnola di nuoto, non ci sta. E pubblica un primo piano dell’occhio nero con cui Mireia, lo scorso week end a Setubal, ha concluso la gara pre olimpica in acque libere senza trovare il pass per Rio 2016. “La competitività tra sportivi dello stesso Paese innalza il livello – il suo tweet – però, usare tecniche antisportive è sanzionabile” e il riferimento è all’altra iberica Erika Villaecija , qualificatasi invece alle Olimpiadi. Al di là dell’intenzionalità o meno del gesto o delle questioni interne alla nazionale spagnola, l’episodio mette nuovamente in luce quanto sia cambiato il nuoto in acque libere.
Soprattutto da quando, per esigenze televisive e di fruizione da parte del pubblico, sempre più spesso le gare sono raccolte in bacini artificiali, zone portuali o simili, i famosi “piscinoni”(leggi qui). Il campo gara si restringe, gli atleti si ammassano e, in particolare ai giri di boa, fioccano ganci, malrovesci e caviglie strattonate. Più della tattica, in quei casi prevalgono fisico e 'mestiere'. Chiedere all’azzurro Simone Ruffini che, agli Europei di Berlino 2014, a 70 m dal traguardo perse la possibilità di giocarsi una medaglia perché qualcuno gli strappò di dosso cuffia e occhialini(leggi qui). La prese con la giusta filosofia, a Swimbiz.it disse “E’ tutta esperienza” e un anno dopo, ai Mondiali di Kazan, nessuna ‘rissa’ poté fermare gli azzurri. Alle Olimpiadi di Rio, fortunatamente, saranno vere acque libere e l’augurio è che con spirito olimpico prevalga la sportività.