E’ una notte strana, quella che ci lascia un sapore amaro nei duecento metri che sembra non finiscano più. Quasi a volerli cancellare, per un attimo. Cerchiamo di riavvolgere il nastro, cerchiamo di capire come Federica Pellegrini, la nostra Fede, non sia riuscita nell’ultimo sigillo, nell’ultimo cinquanta metri che porta al dentro o fuori al podio che sembra un’eternità di bracciate che mulinano senza portarci quello che eravamo convinti tutti insieme, a guardare la nostra storia del nuoto, a guardare la storia che adesso è dal gusto strano, prima che amaro. Quarta, lì, legno che brucia, con un tempo che non arriva, ma era alla portata, se fosse fosse stato come… Se, ma, non si può riavvolgere il nastro, purtroppo. Sono frastornato come un pugile suonato, a trovare le parole, a guardare a memoria la gara. Lo sono da tifoso, prima che da giornalista, perché ci ho creduto fino alla fine, come ci ha creduto lei Fede, ci ha creduto l’Italia. Ma è lo sport, che diventa come un pugno nello stomaco quando ti arriva così diretto quando non avevi pronosticato l’opzione sofferenza. Ma poi ti svegli all’improvviso, e riabbracci in cuor tuo quella grande guerriera che è Federica Pellegrini. Onore alla Divina, sempre e comunque, per tutto. Anche per questo, in questo momento.