Succede, può succedere. Può accadere una vasca di ritorno sbagliata, una magia all’incontrario. Un incantesimo riuscito male. Ne sa qualcosa Nicolò Martinenghi. Difficile trovare spiegazioni per quel secondo 50 rana con il freno a mano tirato, quasi ci fosse stato un elastico a trascinarlo indietro. Che sia partito troppo forte? Che abbia avuto un semplice calo di zuccheri? Che non abbia retto il passo di Peaty? Non si sa, lui stesso nel dopo gara ha detto: «Non mi sentivo bene». Cose che capitano. Che possono succedere soprattutto in periodi di carico. Prendete Elena Di Liddo per esempio. Era partita benissimo, con un tempo di reazione alla stacco dal blocco perfetto e un primo 50 delfino senza sbavature, con un passaggio (anzi) forse troppo forte rispetto al periodo, poi negli ultimi 25 metri è crollata. Alla sua farfalla si sono quasi spezzate le ali. Ma ci sta ad (ancora) quattro mesi dalle Olimpiadi, con i doppi nelle gambe e tanto acido lattico accumulato. Non è ancora arrivato il momento di scaricare, occorre soffrire. Mettere il fieno in cascina, come si suol dire. Il tempo della mietitura è ancora lontano e c’è ancora da passare dalla vasca del «Sette Colli». Lì capiremo qualcosa in più, ma quello che conta è essere pronti a Tokio. Lì e solo lì. Allora però non ci saranno più giustificazioni. Le farfalle dovranno volare e le rane dovranno trasformarsi in principi. Azzurri, ovviamente.
Patrizia Nettis per Swimbiz.it