Nuoto paralimpico, Vernole: “Le medaglie europee frutto di una organizzazione corale, che non può sparire ma crescere di più”

Un successo corale di tutto il movimento paralimpico del nuoto azzurro. Il risultato di anni di lavoro e di una organizzazione radicata e competente. Dai Mondiali di Londra 2019, quando l’Italia fu campione con 50 medaglie vinte, agli Europei di Funchal 2021 appena terminati con 80 allori conquistati insieme a tanti record, non cambia il prestigio di una Nazionale che continua a mietere successi.

Non ha conquistato il titolo di campione assoluto il team azzurro, stavolta. Il titolo è andato all’Ucraina. Ma nella ‘classifica open’ dedicata alle nazioni extra continentali in competizione, gli azzurri sono stati primi su tutti, con gli ucraini dietro al secondo posto. Il team azzurro è campione europeo open quindi: 34 medaglie d’oro, 26 medaglie d’argento e 20 medaglie di bronzo, questo è il nuovo bottino da inserire negli annali e che fa rumore.

Riccardo Vernole lo sottolinea con particolare orgoglio. Il Direttore Tecnico tricolore racconta l’avventura europea a Swimbiz della Nazionale di nuoto paralimpico. Gli allori sono arrivati da tutte le classi di disabilità in gara, dei suoi magnifici atleti in vasca. Dalla S1 alla S13 ha rintoccato il suono delle medaglie, brillando sotto le luci dello stadio del nuoto portoghese. Una settimana straordinaria per l’Italia, quella andata dal 16 al 23 maggio scorsi. Ancora un grande trionfo da festeggiare, dopo il titolo mondiale vinto nel 2019. E’ ancora in cima al mondo l’Italia, in cima all’Europa, nonostante il Covid abbia fermato per mesi gare e attività.

E’ un toccare diversi argomenti e tutti correlati tra loro, l’intervista rilasciata da Vernole. I successi di Funchal, come lo furono quelli di Londra, non stanno solo nel talento straordinario degli atleti azzurri tutti insieme, ma stanno nel lavoro competente dei tecnici italiani. Fanno da nodo che si unisce ad altri nodi, creando la corda del nuoto paralimpico tutta stretta e legata perennemente. Tecnici competenti in impianti federali idonei portano ai successi azzurri, alle medaglie festeggiate in Portogallo. Non fa nomi di atleti in particolare il Direttore Tecnico, ma parla di una squadra intera fortissima agli Europei, che lui stesso è fortunato a gestire e proprio grazie al lavoro dei tecnici, in correlazione con gli istruttori natatori. Sono importanti le piscine sul territorio. Quelle di Milano, Modena e Roma, tra le altre, sono culla della crescita dei talenti e allora l’intervista non può non toccare il dolente tasto delle piscine chiuse, al chiuso. Non capisce il Direttore Tecnico azzurro come sia stato possibile posticiparne le aperture. Lo sottolinea. Parla di luoghi cruciali per la crescita del nuoto e di quella grave perdita di attività in questi mesi, soprattutto agonistica, che vedrà conseguenze palesi tra un paio di anni. Fin e Finp legate anche in questo. E in quell’allarme gridato per mesi al Governo. Eco di voci dalle quinte di famiglie e di giovani che hanno bisogno di nuotare, di quella base che ha sofferto e che ancora si lecca le ferite. Situazione grave per il mondo dei normodotati e situazione gravissima e più marcata, per il mondo della disabilità. Una disabilità non ancora completamente intercettata dalla società. La visibilità è fondamentale allora. I media possono aiutare ad avere cassa di risonanza e portare nel mondo paralimpico atleti di caratura internazionale, sulle orme di Carlotta Gilli. La pluricampionessa mondiale ed europea di nuoto conobbe il nuoto paralimpico ammirando le gesta degli azzurri a Rio 2016. Secondo il Direttore Tecnico è importante il ruolo della comunicazione per il nuoto paralimpico (come per l’intero mondo paralimpico). Essere conosciuto vuole dire avere più ragazzi da portare in piscina e più ragazzi che frequentano le piscine (necessariamente aperte) saranno uomini migliori domani (prima di tutto) e atleti vincenti poi. Quindi più medaglie in bacheca. E’ la formula magica reclamata in questi mesi dal mondo del nuoto. Anche Fin. E la Finp insieme.

Una Finp felice che ora si prepara alle prossime Paralimpiadi, per gioire ancora. Dopo il collegiale di Ostia nell’ultima settimana di luglio, l’Italnuoto volerà a Sendai a nord di Tokyo, con altre delegazioni azzurre paralimpiche (tra cui scherma e atletica) per la preparazione pre – Games. Tutte in bolla e in preparazione divisa per i Giochi. Il 21 di agosto gli azzurri alloggeranno al Villaggio Paralimpico e poi il 25 tutti in vasca in direzione piastra e medaglia, tra tante restrizioni anti Covid, che Vernole si augura non influenzino i risultati sportivi. Il Direttore Tecnico spera che l’Italia canti l’inno tutti i giorni e tocchi la piastra prima delle altre nazioni. Le basi ci sono per vincere e anche le certezze, perché i talenti ci sono e lo fanno perché sino ad ora le piscine (al di là di questi dolorosi mesi trascorsi) ci sono state. Ma non terminano le Paralimpiadi con Tokyo, perché proseguiranno nel tempo, toccando Parigi e Los Angeles e oltre. E dovranno esistere e necessariamente anche le piscine, per sognare ancora. Un nodo della corda dell’organizzazione della Finp che non può sparire, come la visibilità. Presenze fondamentali per lavorare e accrescere successi. Per cantare l’inno italiano fino alla fine, nonostante le ‘sfumature’ organizzative nelle competizioni e nonostante la crisi economica a causa del Covid. Il nuoto paralimpico deve andare avanti, per insegnare, salvare e creare donne e uomini di domani.

Caro direttore tecnico Vernole, l’Italia del nuoto paralimpico ha appena vinto 80 medaglie altosonanti agli Europei. Qual è il segreto di questo straordinario successo?

“Abbiamo vinto un numero imponente di medaglie, superando di sei allori quelle di Dublino. Ciò rappresenta un valore assoluto del lavoro perfetto svolto dalla Federazione, a 360 gradi. Siamo riusciti e per la prima volta nella storia, credo unica nazione, ad ottenere almeno una medaglia dalla classe S1 alla classe S13. Tuttavia, al di là del dato statistico, questo fa capire quanto l’Italia lavori in modo certosino su tutti i tipi di disabilità, da quella grave a quella meno grave e le medaglie vinte, si equivalgono tra settore maschile e femminile. Non c’è risultato migliore, in questo tipo di valutazioni. E’ una squadra vincente a tutto tondo, che ha lavorato bene. Siamo stati bravi e fortunati ad abbinare atleti di alto livello con allenatori altrettanto, di alto livello. Abbiamo degli ottimi centri natatori per gli atleti top level in Italia. Milano, Verona, Modena, Napoli e Roma. Situazioni logistiche che mostrano quanto sia importante il coinvolgimento delle società. Non mi stancherò mai di dire, anche come rappresentante dei tecnici al Comitato Italiano Paralimpico, quanto questo abbinamento sia importante e quanto la presenza di ottimi e competenti allenatori sia alla base dei successi. Non solo professionisti nel nuoto dei normodotati e paralimpici, ma anche persone che si attivano nel coinvolgimento di nuove leve, nel trovare potenziali atleti, lavorare su di essi, tramite l’attività degli istruttori. E’ un lavoro veramente difficile. In una organizzazione maniacale. Seppure con origini, caratteri e percorsi diversi, i tecnici si ritrovano tutti verso lo stesso obiettivo, quello di curare persone e far crescere atleti. Vincendo medaglie”.

Quindi le medaglie vinte sono il risultato di questa corale organizzazione paralimpica del nuoto?

“Sì, ma non basta ancora. Il mio sogno è vedere, in ogni piscina d’Italia, un ragazzo disabile che nuota.. esiste un’aggregazione naturale dei centri di alto livello. Fa capire che queste situazioni sono nate spontaneamente. Una collaborazione tra le società e i tecnici che hanno creduto fortemente in questo percorso. La qualità è tanta e anche la quantità, ma non mi accontento ancora, perché in tante piscine vedo ancora poca informazione, nel non sapere ciò che può valere una opportunità per un ragazzo con disabilità. Questo fa soffrire, ma dona stimoli ulteriori per migliorare. Dopo Tokyo vorrei lavorare a dei progetti con la Fedrnuoto (organizzazione madre per la disciplina) per intercettare atleti che abbiano storie simili a quelle di Stefano Raimondi e Carlotta Gilli. Naturalmente chi sa di avere disabilità evidenti, sa che il percorso natatorio inizia con noi. Per gli altri dobbiamo lavorare ad altre iniziative. E’ una grossa sfida questa da affrontare. Per gli Europei, siamo riusciti ad assemblare atleti storici come Efrem Morelli alle nuove leve e 4 di essi hanno preso una medaglia. Il tempo passa e non possiamo non pensare al futuro. Bisogna farlo all’interno di una organizzazione strutturata in ambito nazionale”.

Cosa manca allora per intercettare ragazzi disabili, che vorrebbero praticare nuoto e non sanno come fare?

“Dobbiamo accrescere visibilità ancora di più e pubblicizzare. E in questo i media servono. Capiamo che la concomitanza tra Europei Len e quelli paralimpici non potesse permettere la diretta televisiva di entrambe le manifestazioni, ma non è ammissibile che i risultati straordinari dei nostri atleti non siano stati così diffusi, anche durante le competizioni Len. Non è un caso che dopo le Paralimpiadi, ci siano persone che si interessano al nostro ambiente. Carlotta Gilli è nata così. Dopo Rio 2016 ha intercettato tutto, guardando le Paralimpiadi in tv. Se tutti facessimo del nostro meglio, ci sarebbero poche difficoltà. Tante sono le persone che possono iniziare a praticare nuoto, ma c’è poca informazione. L’obiettivo di un genitore è che i propri figli imparino i valori dallo sport, per una buona formazione. Ciò accade anche per i ragazzi disabili. A livello di svaghi, oggi hanno migliaia di ‘distrazioni’ e probabilmente hanno problemi a concentrarsi sull’attività sportiva e in questo bisogna intensamente lavorare. Il mio sogno allora è quello di avere in ogni piscina, almeno un ragazzo tesserato con la società sportiva dell’impianto stesso. Che partecipi alle competizioni regionali, almeno del 50% delle attività Fin. Non ci possiamo permettere di bruciare i successi avuti dal 2017, non investendo sull’avviamento e non aumentando il numero di persone, che iniziano l’attività sportiva paralimpica”.

Anche le piscine chiuse, ‘al chiuso’, sono un problema non indifferente da affrontare con conseguenze pesanti probabilmente..

“Onestamente non ho capito la loro chiusura e apertura posticipata. E’ stato fatto un test naturale che scongiura la diffusione del contagio, al livello di nuoto. Gli agonisti hanno sempre fatto attività senza lo scoppio di focolai particolari. Attività naturalmente svolte con tutte le accortezze necessarie, mediante le restrizioni Fin e Finp. Non mi aspettavo passasse tutto questo tempo per la riapertura della base, che è fondamentale. Per il mondo della Finp è stata una grave mancanza, ancora di più. Lo capiremo tra un paio di anni quanto sia stato perso, l’avviamento all’agonismo si è perso. Non tutte le piscine hanno fatto attività, perché non tutte potevano permettersi di restare aperte solamente per gli atleti agonisti. Si è ridotto drasticamente il numero degli impianti aperti.., già è difficile trovare spazi acqua per atleti paralimpici, figuriamoci con un numero minore di piscine a disposizione.. noi siamo legati a doppia mandata con la Fin. Le piscine ci sono perché c’è l’attività del nuoto, perché ci sono gli atleti della Fin. Al di là della piscina a disposizione per gli degli atleti top, tutti gli altri hanno trovato grandi difficoltà. Quelle poche aperte non avevano spazi acqua e ci siamo trovati con le gomme letteralmente a terra. Nessuno nasconde le difficoltà riscontrate. Quelle aperte hanno testato situazioni diverse con sport acquatici differenti (non solo nuoto, ma anche pallanuoto, nuoto sincronizzato ad esempio) non essendo ci stati riscontri negativi a livello di contagio, non si capisce perché non sia stata anticipata la riapertura. Tenere un impianto aperto per poche persone è impensabile, con costi di gestione elevatissimi. Non nascondo che abbiamo temuto tanto per i nostri atleti, il primo sguardo è andato a quelli di alto livello ovviamente, con una Paralimpiade vicina.., il secondo è andato a tutti gli altri. Sapere di atleti di livello agonistico più basso (e accogliere il loro allarme), che non si potevano allenare tutti i giorni, non avendo disponibilità di spazi acqua, perché le piscine non erano aperte ed erano pochissime, ha fatto soffrire. Mi da l’idea di una mentalità diffusa che lo sport sia solo uno svago.. soprattutto al livello giovanile deve essere diverso. Vale tanto quanto la scuola secondo me, è un’attività che fa crescere e insegna, ti da formazione personale, prima di tutto. Si è un po’ tutto fermato. Il grido di allarme dei presidenti Barelli e Valori è stato un megafono di tante famiglie e tanti ragazzi che volevano tornare a nuotare, non può non essere così”.

Passiamo al lato sportivo del nuoto paralimpico. Vuole fare una previsione per i prossimi Giochi di Tokyo?

“Gli azzurri li mettiamo tutti sul podio. Ma abbiamo almeno tre blocchi di classificazioni internazionali da attendere, la Cina deve ancora annunciare il suo e non si capisce perché ogni 4 anni accada così.. Ovviamente avere in squadra ad esempio, solo tre atleti da medaglia non mi faceva dormire sonni tranquilli, avere però una squadra intera forte in più classi, mi fa capire che possiamo realizzare ciò per cui abbiam lavorare. Sicuramente dobbiamo migliorare il medagliere di Rio. Vincere tre ori a Tokyo, equivarrebbe oggi a una sconfitta. Da un lato dobbiamo dimenticare il passato, perché in contesto e cambiamenti agonistici, rappresenta un altro tipo di competizione quella di Tokyo. Dall’altro abbiamo la consapevolezza di avere un team forte, costruito con tanti mattoncini ben solidi. Non vedo l’ora di cominciare questo percorso entusiasmante, ma anche difficile. Andiamo a testa alta e speriamo che in tante classi di gara, toccheremo la piastra per primi, sentire l’inno italiano cantato tutti i giorni (ride). in Portogallo è accaduto ma lo sfumavano.. è accaduto anche con la staffetta maschile nel finale di manifestazione. Lo facevano con tutti ovviamente per i tempi organizzativi”.

Ci sono atleti che agli Europei hanno colpito particolarmente per i loro risultati? Può fare alcuni nomi?

“Ci mettiamo tutti i nomi. Parliamo veramente di un gruppo vincente, è la mia fortuna in questo momento. Ma devo assolutamente parlare degli allenatori. Tecnici preparati di livello stratosferico, grazie al loro lavoro posso proporre una squadra vincente”.

C’è stato un episodio agli Europei particolarmente emozionante o unico?

“.. Posso anche simpaticamente raccontare dell’inno sfumato per stare nei tempi.. l’ultimo italiano è arrivato dopo la vittoria della staffetta maschile . A un certo punto è sfumato e tutta la compagine azzurra ha continuato a cantare.. perché ci piaceva fino alla fine. E’ stata una bella cosa”.

giorgi@swimbiz.it

Ph. credits FINP

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