Salutare con la medaglia, non c'è modo migliore d'interrompere una carriera sportiva. Interrompere, non chiudere, perché la storia insegna quanto sia difficile dire davvero addio agli sport acquatici. Forse anche a lei, Manila Flamini, capitana di synchro azzurro, tornerò presto o tardi il sacro fuoco. Magari da mamma - e quante atlete oggi traggono nuove energie dai figli - magari con una figlia o un figlio già avviati al sincronizzato. Come fu per la loro mamma, quando tanti anni fa iniziò sotto Cristina Del Sette, tecnico Aurelia e sorella di quella Laura attenta dirigente Fin.
Ma, almeno per ora, Manila saluta il suo sport, portandosi a casa nel duo misto libero il secondo Argento (91.8333 punti) di questo Mondiale, senza velo di amarezza verso la Russia come nel tecnico, insieme a quel Giorgio Minisini che attende di scoprire chi al suo fianco prenderà il testimone dalla romana. Saluta lasciando uno sport cambiato in molti aspetti - persino nel nome, nuoto artistico - ma non nell'interpretazione arbitrale. Saluta lasciando un movimento italiano cresciuto nei numeri e nei risultati, il cui medagliere negli ultimi anni si muove con continuità, cambiato persino nel nome (nuoto artistico). Saluta col risultato più alto mai raggiunto da un'azzurra, l'oro mondiale di due anni fa a Budapest sempre in coppia con Minisini, battendo gli imbattibili russi. Saluta, ma non chiamatelo addio. Arrivederci synchro.