E’ tornato ieri da Città del Messico “Gasatissimo” per il cinquantennale di un’Olimpiade indimenticabile. Per i nomi dei protagonisti “Ho rivisto Michael Wenden, l’uomo che batté Spitz, e poi Fosbury…” ma soprattutto per quella data: 1968. I movimenti studenteschi, le morti di Robert Kennedy e Martin Luther King, la questione sudafricana e poi, lì a Città del Messico “La protesta di Piazza delle Tre Culture, la repressione, Oriana Fallaci ferita… in piscina non sapevamo nulla, eravamo concentrati sulle nostre gare e il governo non fece trapelare notizie. Le uniche voci che ci arrivarono furono al telefono dai parenti in Europa” ricorda a Swimbiz.it Klaus Dibiasi, l’Angelo Biondo dei tuffi che in quell’occasione vinse il suo primo oro olimpico dalla piattaforma. E non si fermò più.
E poi, il 16 ottobre, il pugno alzato di Tommie Smith e John Carlos. Oggi si tende a pensare che in quel momento, d’un lampo, scattò nel mondo una scintilla di consapevolezza per la questione razziale degli Usa “Ma quando ci fu detto che i due americani volevano fare quella protesta, sul momento io e molti altri eravamo d’accordo col Cio: non era giusto mischiare sport e politica. Solo anni dopo si capì il vero significato di quel gesto” e ancor più c’è voluto per comprendere il ruolo di pieno appoggio alla protesta dii Peter Norman, australiano e bianchissimo protagonista di quella foto.
All’epoca, i tuffi richiedevano una dose di coraggio persino superiore a quella attuale “Non c’erano longe, macchine per le bolle o altri strumenti per attutire le cadute in allenamento – un’epoca di pionieri e di “pazzi”- ho rivisto Joaquin Capilla, ex campione olimpico che negli anni ’50 provò in allenamento un quadruplo e mezzo avanti. Oggi, solo da pochi anni lo si esegue nel mondo”. Molto è cambiato, quella stessa piscina di Città del Messico è stata ammodernata “Sarebbe bello portare gli azzurri in collegiale. L'altitudine è notevole, ma nei tuffi è relativo” e la stessa Italtuffi è cresciuta. A raccogliere l’eredità di Tania Cagnotto è una squadra competitiva “E i tuffatori si costruiscono in 7-10 anni. Questi sono ragazzi che hanno lavorato bene già quando Tania gareggiava. La vera svolta? La creazione di uno staff attorno ad atleti e tecnici, una volta non c’era nulla di tutto ciò”.
E sul ritorno di Tania, sentite un po’ le parole di chi seguì il padre Giorgio nell’ultimo arco della sua carriera “La vita ‘normale’ chiama e le aspettative del pubblico saranno sempre altissime. Ma gli atleti di questo livello, che si sono allenati bene per anni, è come se avessero un credito spendibile – ossia – serve loro meno lavoro per tornare ai loro standard: meno allenamenti, ma più specifici. E vale anche per Francesca Dallapè. E poi, sono entrambe nei gruppi militari: meglio lo sport di un ufficio, no? (ride)”. E mentre gli anni passano e le rivoluzioni si susseguono, la storia dello sport continua.