Si è confessata solo il weekend scorso, all’Associated Press. Per tre anni Allison Schmitt ha sperato di sopprimere la cupa sensazione che l’assalì dopo i tre ori ai Giochi Olimpici di Londra 2012: “Soffro di depressione”. Si parla spesso di depressione post olimpica “Ma non c’è una reale sindrome – spiega a Swimbiz.it Diego Polani, psicologo sportivo per Federnuoto e Federazione Italiana Nuoto Paralimpico – ma lo stress intenso, come nella preparazione olimpica, può portare a quel tipo di disagio”. Anzi, dopo Londra “Anche alcuni azzurri di spicco, sia normo sia paralimpici, hanno faticato a riprendersi – e l’allenatore a volte non basta – non certo per inadeguatezza, ma perché serve una figura esterna, senza sovrapposizione di ruoli (leggi qui)”. Nel caso dello sport paralimpico, poi "C'è il rischio di depressioni forti legate a problemi fisici". Più che curare “Bisognerebbe prevenire, ma si sottovaluta quest’aspetto della psicologia sportiva: si vuole solo il risultato esteriore senza analizzare le emozioni profonde, un meccanismo da società-spettacolo, e salgono alla ribalta figure parallele, senza una preparazione universitaria completa – ad esempio – consiglio ai miei studenti di attingere anche alla psicoterapia, ma sempre in ottica preventiva: casi come la Schmitt vanno individuati prima che si palesino. Abbiamo il ruolo di portare l’atleta mentalmente al top, salvaguardarne lo sviluppo umano e prepararlo al ‘mondo reale’: la vita post agonistica(leggi qui)”. Allison Schmitt è studentessa di psicologia. In futuro, forse, anche lei contribuirà a spiegare l’importanza della prevenzione.
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