E’ già tutto incredibilmente fantastico. A partire dalle batterie, per ragionare e credere, soprattutto, in una finale che è già fantasticamente il contrario di quello che alcune vigilie volevano dire. Ovvero, diciotto anni dopo l’oro olimpico di Rio nei 1500, Gregorio Re Paltrinieri rimette le sue splendide bolle blu in turbinio di sensazioni. Secondo tempo di ingresso, vasca che si fa ribollente. Perché nessuno alla viglia ci avrebbe messo una fiche di scommessa in questa splendida avventura finale.
14’42” 56 è un tempo che già dice tanto. Rispolvera, esalta , proiettava, fate voi. Immaginate in grande, ogni film possibile. Perché se la freccia del Paltry va, la disfida è lanciata. Armatura di cuffia e occhialino, la proiezione immaginifica passa da energie non dome e ancora da tirare al limite. Scia, linea e galleggiamento.
Paltrinieri, atleta e nuotatore perfetto.
Nessuno come lui nel tempo e nello spazio, e la piscina con le acque libere sono il suo universo centrale e parallelo. E poi gestione, risparmio energetico e avvicinamento al Wiffen che conduce. Poi un americano, Fink, e un tunisino, Jaouadi , che sembra il nipotino buonissimo per il futuro, ma solo per quello. Ma intanto i pretendenti della vigilia si sono sciolti come Wellbrock e Romančuk, senza esserci, ma intanto qui la storia si fa domani senza se e senza ma .Assenti inclusi. La Dimensione del Paltry è l’orgoglio della piscina azzurra.
Che limita la delusione estema nella staffetta mista uomini eliminata in modo incredibile. Con un dispiacere, ribadisco estremo, simbolo di sufficienza nell’affrontare una gara che doveva essere altro.
Punto e a Paltry
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