Sul nuoto scienza esatta, che non è, ho scritto ieri. E oggi, guardando i 400 metri mattutini del giovin di belle speranze - predestinato scrissi tempo fa - Andrea Mitch D’Arrigo, la cosa mi ritorna in punta di penna. La delusione è piena, innanzitutto: perché ci credevamo, io per primo. Credevamo in un podio alla portata dell’americano de Roma, galvanizzato dall’argento di staffetta, sostenuto dalle 16 vasche che sono la sua prima specialità della casa. Ma sulle previsioni come dice il paragone calcistico, sempre attuale anche fuori dai pali ma integrabile in corsia, del Trap, “non dire gatto se non l’hai nel sacco” ci si scontra coi coccodrilli da piscina. Quelli che aprono già da subito gli sportelli dall’andatura non prevista in batteria, e ti chiudono fuori anche dalla finale. Discorso diverso per la Pellegrini. Federica ha “provato” forse l’acqua, annusato l’ambiente in diretta a dorso per duecento metri. Poteva certo andare meglio, fuori gioco subito (ma con la 4X100 stile è in finale col 3° tempo) ma il partitone, quello vero, è domenica e si nuota a stile libero sulla medesima distanza. Intanto, bordo vasca, l’ex annusa in maglietta Orange. Lucas spinge la sua olandesina pensando di avere a cronometro ancora Pellegrini. Come due ex che si guardano ancora, nonostante tutto. Si scrutano, forse gelosi di quello che potrebbe essere e adesso non è. Innamorati del palcoscenico che li vede, sempre e comunque , protagonisti assoluti
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