Non nascondiamoci di fronte a un blocco di partenza. Questo mi passa per la mente, dopo la prima della giornata iniziale degli assoluti brevi, ma intensi come devono essere, in vasca lunga. Che sono soprattutto, sul finire dell’anno, l’anticamera del sogno olimpico. Che vuol dire staccare il pass per quello che è, per ogni atleta, il vertice massimo della sua carriera. L’ambizione che spinge tutto. Partecipare alle Olimpiadi. Primo sogno. Poi, magari più difficile, il podio. Magari vincerle. Un sogno, appunto, olimpico. Un film non per tutti. Difficile, magari rimandabile. Magari mai raggiungibile. Ora avete già capito il perchè di tutto questo preambolo, perché è giusto parlare di quei cento rana, l’unica distanza ammessa coi duecento sotto i cerchi di Olimpia. Con la serenità e l’avvertenza della tutela di una grandissima ranista.
Ma piccola, in quei quattordici anni da tutelare sempre, nell’esperienza e nella crescita. Che peccato, se Benedetta Pilato, la nostra pazzesca ranista da cinquanta metri, non riuscisse ad andare a Tokyo olimpica prossima. Possibile, vista la gara di ieri, condotta con il piglio giusto fino a cinquanta metri. Ma alla fine, quindici metri o giù di lì verso i cento, lo stile si verticalizza, come in gergo tecnico si dice, lasciando un primo sogno svanirsi con l’ultima posizione. Ora, c’è ancora tempo per la primavera. E il tempo, la voglia e la passione, possono muovere le montagne. Ma non ci si può nascondere dietro una vasca ancora troppo lunga. Personalmente, da cronista, ma soprattutto da tifoso di questa splendida atleta, mi domando. Ma perché, visti i videogiochi ammessi alle Olimpiadi, non è possibile anche un cinquanta rana olimpico, visto che esistono i cinquanta a stile libero? Ecco. Perché la gara dove Benedetta è regina, non è olimpica. In qualche modo, un grande torto.