Se lo vedi dal vivo, non puoi credere che sia un 2001. Altezza strabordante, 194 cm da scheda Fin, forse anche qualcosa in più. Che nel nuoto aiuta (chiedere a Miressi), ma può avere controindicazioni “Fin da piccolo, abbiamo lavorato per dargli una capacità di adattamento coordinativo” spiega a Swimbiz.it, Alberto Burlina, tecnico del wonder boy azzurro Thomas Ceccon. Tradotto: con quell’altezza devi saperci convivere, per mantenere la coordinazione in acqua e non solo “C’è un peso muscolare oltre il quale non deve andare, specie se vuole mantenere l’eclettismo”. Parola chiave, quando si parli di Ceccon. Una capacità rara di fare ogni stile. Ma anche qui, c’è un rovescio della medaglia “Bisogna studiare bene i programmi gare. Tutti mi chiedono perché agli Europei di Glasgow Thomas non abbia fatto i 200 misti: perché lo stesso giorno c’erano i 100 dorso, sui quali puntavamo per la sua prima finale”.
Un’altra parola si accompagna spesso al giovane veneto. Phelps. Certo non quello degli 8 ori in una singola Olimpiade, ma un Phelps all’italiana, perché no? Ceccon ha doti che Madre Natura non aveva forse mai concesso ad alcun altro azzurro. E citando Stan Lee, da poco scomparso: da un grande potere, derivano grandi responsabilità. “Se il paragone serve a fargli prendere consapevolezza, a spingerlo a ‘lavorare come un Phelps’, può far bene – perché i grandi vanno studiati - il libro di Pheps se l’è divorato. Basta che il confronto non si spinga oltre” innescando, al contrario, pressioni eccessive. Ma nascondersi dietro la scaramanzia no, quello anche sarebbe un errore “E’ naturale che io e tutti i tecnici vediamo il vero potenziale di Thomas – e lavorano per quello, per portarlo a un’Olimpiade – non per partecipare, ma da protagonista. Altrimenti non si spiegherebbero gli investimenti, anche economici, fatti dalla famiglia e dal sottoscritto”. Viaggiando per tutto il Veneto, per far sperimentare a Ceccon nuovi allenamenti, nuovi contesti, ma sempre con la stessa guida tecnica. Come Phelps, del resto.
Mantenere lo stesso allenatore è cruciale, per un atleta in sviluppo? “La risposta non è semplice. Io credo che se c’è un progetto e tutti i componenti ci credono, sia consigliabile non cambiare in fase di crescita. Ma questo non esclude certo i collegiali, che fanno solo bene – a Ostia, durante uno stage - si guardava e riguardava le subacquee di Le Clos” perché il mestiere di nuotatore si ‘ruba’ con gli occhi e solo dal vivo, dai migliori, s’impara davvero. Allo stesso un modo, un tecnico “Non deve nemmeno far leva sull’atleta per interesse personale, deve farsi da parte se serve”. Parlando di mutamenti, l’azzurro di recente ha dichiarato di aver cambiato mentalità. Ma il "2018 del cambiamento" era iniziato agli Eurojr di Helsinki, dove ha centrato un obiettivo cruciale “Spingere al massimo in gara, perdendola comunque - avete letto bene, perdendola - come tutti i ragazzi abituati a vincere presto in Italia, alla prima sconfitta rischiano di demoralizzarsi” occorre pertanto ‘allenarli’ a viverla come una semplice tappa di percorso. Alle Olimpiadi Giovanili di Buenos Aires, la sintesi: spingere al massimo e conquistarsi le agognate finali, con tanto di medaglie. E ora? “Ora ai Mondiali in vasca corta di Hangzhou, di nuovo con l’obiettivo di entrare in finale – e chissà, magari lottare per la prima medaglia assoluta – lui non ama la corta, certo aiuterebbe a togliersi la zavorra di certi pensieri. Io comunque amo la statistica: due anni fa, col tempo che ha nuotato sabato a Livorno nei 200 misti, si andava in finale mondiale…”.