Figlia, sorella, compagna, Atleta.
Federica Pellegrini si racconta così nel docufilm “UNDERWATER”, in anteprima nelle sale italiane lo scorso 11 12 e 13 gennaio e disponibile sulla piattaforma streaming di Amazon Prime, celebrazione di una brillante e longeva carriera agonistica e di una vita dedicata allo sport che la resa “La divina” del nuoto.
Novanta minuti ci guidano verso quello che sarebbe dovuto essere il momento di consacrazione della sua carriera, le Olimpiadi di Tokyo 2020, ma è sullo sfondo che vediamo scorrere vent’anni di vittorie, tante sconfitte, una vita che diventa di pubblico dominio all’età di soli 16 anni, ma che riesce anche a mantenere nel privato ciò che per lei ha davvero valore assoluto, l’amore: “la mia vita mi ha portato, magari ad essere molto più restia ad aprirmi veramente con tutti. Non se, caratterialmente sono strana io, però quando si parla di amicizia come valore assoluto più importante della vita, non sono d’accordo. Per me, per esempio è sempre stato più importante l’amore di un uomo che l’amicizia di per se”.
Compagno di vita da tre anni, allenatore in vasca dal 2012, Matteo Giunta arriva dopo tre anni di cambiamenti a seguito della perdita di Alberto Castagnetti, allenatore, un secondo padre, un punto di riferimento per la nuotatrice veneta, “l’estate della svolta, l’estate della rinascita”, il momento in cui la sua vita cambia così come la sua carriera: dieci record del mondo la consacrano quale “campionessa vera di livello mondiale”, queste le parole di Alberto Castagnetti dopo la vittoria nei 200 stile libero a Roma nel 2009. Grazie alle parole della madre Cinzia e del padre Roberto, ripercorriamo quindi il dolore del lutto ma anche la rinascita che ha seguito la caduta: la vittoria e il record del mondo nei 200 stile libero agli europei di Istanbul 2009 e un fermo immagine della divina, che ancora oggi emoziona, mentre punta il dito al cielo e ringrazia Alberto Castagnetti.
Ed è dopo tre anni ed una Londra 2012 alquanto deludente che Federica Pellegrini cambia registro e si affida “alle cure” dell’esordiente Matteo Giunta, promesso sposo ed ormai ex allenatore, co-protagonista del docufilm, la voce che racconta alle telecamere una Federica inedita, l’immagine della donna e quella dell’atleta che solo un compagno, solo un allenatore può conoscere nel profondo.
Preparazione, competizioni, vittorie e delusioni, tutto in vista di quell'unico ma fondamentale obiettivo, la qualifica olimpica. “Io questa quinta Olimpiade la voglio, però per me sarà veramente difficile”. 24 marzo 2020, le Olimpiadi di Tokyo vengono rimandare al 2021, causa pandemia globale. L’Italia chiude, il mondo si ferma.
L’arrivo del COVID-19 ha cambiato la realtà così come la conoscevamo, ci ha costretti a casa, sconvolge i nostri stili di vita e mette in ginocchio un sistema che lotta ogni giorno al di là del virus per farsi notare dalle scena sportiva italiana: quello del nuoto e dei suoi impianti sportivi, entrati in profonda crisi e costretti alla chiusura anche oltre il necessario.
Ed è proprio di questo che pecca il racconto, un punto di vista che forse, per un film ad oggi presente su di una piattaforma streaming come prime video e che vede quale voce narrante uno dei volti dello sport italiano, avrebbe fatto la differenza in un 2022 che non vede grandi cambiamenti per gli impianti sportivi, ma solo preoccupanti conseguenze.
Una qualifica che sembra non voler arrivare, “sembra che tutto stia remando contro quest’anno”, il coronavirus sembra non risparmiare nemmeno Federica Pellegrini che perde l’ennesima occasione di testarsi e tentare la tanto attesa prova. Prova che arriva ad aprile 2021 per gli assoluti di nuoto di Riccione e che sembra essere finalmente l’occasione giusta: “si va a tokyo”.
Quinta finale individuale, prima donna nella storia del nuoto a livello mondiale ad entrare in finale nella stessa specialità, i 200 stile libero, i SUOI 200 stile libero.
Tra tensione e lacrime, nello scorrere di immagini che viaggiano in parallelo tra Verona, casa, e la sua famiglia che non ha mai mancato di seguirla, e lo stadio olimpico di Tokyo, le parole di Federica chiudono un racconto che, vittoria o no, la consacra nell’Olimpo.
“È stato un viaggio di vent’anni, si. In questi 200 c’erano vent’anni di nuoto, vent’anni di bracciate, di chilometri, di fatica, di sangue, di sudore. È come se avessi capito di trovarmi nel posto giusto al momento giusto. È stato bello. Chiudo in pace”.
Giulia Palazzo per Swimbiz.it