La notizia del quotidiano tedesco Darmstädter Tagblatt è rimbalzata sul sito SwimSwam: il nazionale tedesco di nuoto Marco Koch userà l’ipnosi nella preparazione alle Olimpiadi di Rio 2016, tecnica usata anche dal golfista Tiger Woods. Di primo acchito, un’idea spiazzante “Ma va scissa l’ipnosi dell’immaginario comune, roba da fumetti, dall’ipnosi medico-sportiva” spiega a Swimbiz.it Giuseppe Vercelli, psicologo e psicoterapeuta, collaboratore del Coni e della Juventus, docente di psicologia sociale all’Università degli studi di Torino. Primo aspetto da sottolineare “L’ipnosi non si fa in stato d’incoscienza. Coinvolge neocorteccia e strutture sottocorticali e ha caratteristiche visibili tramite apparecchi di neuroimaging”. Per indurre la trans ipnotica “Esistono varie tecniche, come concentrarsi sul proprio respiro o la visualizzazione: ad esempio immaginare una bolla che isoli l’atleta da pubblico e pressioni esterne”. Lo scopo finale è rendere l’atleta in grado di fare auto-ipnosi, attivando un segnale costruito nel percorso di preparazione con lo psicologo “Come feci con Josefa Idem. Il maggior beneficio dell’ipnosi è attivare risorse latenti in ogni particolare, amplificandone l’efficacia. Giorgio Rocca la usava per darsi il ritmo nello slalom gigante – nel nuoto, per il ritmo nella bracciata - aiuta anche a trovare nuove energie in situazioni di estrema fatica in gara”. Niente “formule magiche”, bisogna affidarsi a professionisti “L’ipnosi aiuta solo a usare il 100% del proprio potenziale. In questo, è un ottimo deterrente al doping. Salire al 110% mette l’atleta a rischio d’infortuni o persino drammi psicologici - un monito viene dal nuoto - negli anni ’70 si sapeva ancora poco dell’ipnosi. Alcuni cinesi impararono a visualizzare l’immagine di un branco di squali che li inseguiva. Inizialmente i risultati migliorarono, ma presto caddero preda di quella fobia e non riuscirono più a entrare in acqua”.
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